Alla fine degli anni ’50, il panorama delle corse automobilistiche italiane attraversava una fase di declino, segnata dalla mancanza di nuovi stimoli e dal ritiro di alcuni dei più grandi campioni del passato. Si avvertiva l’esigenza di una svolta, di un’iniziativa che potesse rivitalizzare l’interesse per le competizioni e attirare una nuova generazione di piloti, continuando così a mantenere viva una tradizione di eccellenza che da mezzo secolo vedeva l’Italia al vertice del motorsport internazionale.
In questo scenario, nel novembre del 1956, Giovanni Lurani – pilota, ingegnere e appassionato di innovazione – presentò un’idea cruciale durante la riunione annuale della Commissione Sportiva Internazionale (CSI). La sua proposta era creare una nuova categoria, una formula nazionale dedicata a vetture da corsa costruite con componenti meccaniche derivate da modelli di serie. L’obiettivo? Consentire ai giovani di accedere al mondo delle competizioni con costi ridotti, utilizzando monoposto che sfruttavano elementi già disponibili nel mercato automobilistico.
Il regolamento e il ruolo di Stanguellini
Dopo numerose riunioni, discussioni e modifiche, vennero finalmente definiti i principi fondamentali della nuova categoria, battezzata “Formula Junior“.
Il regolamento prevedeva che motore, cambio e sospensione anteriore provenissero da vetture omologate nella categoria turismo di serie. Anche il sistema di alimentazione e l’impianto frenante dovevano essere gli stessi previsti per il motore scelto. La cilindrata fu fissata in due versioni: 750 cc con un peso minimo di 320 kg, e 1100 cc con un peso minimo di 400 kg. Venne invece lasciata piena libertà per la progettazione del telaio e della sospensione posteriore.
Le vetture italiane dominarono subito le piste, e tra tutte, le Stanguellini si affermarono come le più competitive, collezionando numerose vittorie sia in Italia che all’estero. Il costruttore modenese, già in vantaggio rispetto alla concorrenza, aveva infatti precedentemente realizzato una monoposto con motore bialbero da 750 cc. Dopo alcune modifiche alle sospensioni e la sostituzione del complesso motore-cambio con quello della Fiat 1100 N per conformarsi ai nuovi regolamenti, Stanguellini creò la prima vera Formula Junior.
Tra il 1958 e il 1959, la maggior parte dei costruttori italiani di Formula Junior si ispirò alle iconiche vetture da “gran premio” di Ferrari e Maserati. La tecnologia dell’epoca era ancora fortemente influenzata dai progetti anteguerra, con telai tubolari di grande diametro, motori anteriori e ponti posteriori rigidi, spesso di tipo De Dion. La base meccanica utilizzata era principalmente quella della Fiat 1100, mentre l’uso del cambio della Fiat 600 risultò poco soddisfacente.
La potenza, considerata un elemento cruciale, raggiungeva i 75 CV nelle Stanguellini, rendendole tra le vetture più performanti della categoria.
La Formula Junior contribuì quindi a plasmare una nuova generazione di talenti e innovatori nel settore automobilistico. Marchi come Stanguellini giocarono un ruolo decisivo, dimostrando che, con ingegno e passione, era possibile competere ad alti livelli utilizzando risorse relativamente semplici.
Anche se la categoria ebbe vita breve, dal 1959 al 1964, il suo impatto fu duraturo: la Formula Junior gettò le basi per le future competizioni automobilistiche e consolidò ulteriormente l’eccellenza italiana nel mondo delle corse.